Piano Sequenza

Avete presente quando vi sembra che qualcosa si sia mosso proprio all'angolo del vostro campo visivo, e quando vi girate invece non c'è niente? Ecco, quello era un frammento dell'immagine della vostra vera Vita.
Credo che la cosa che ci fa perdere di vista il lunghissimo, unico, "piano sequenza" della nostra esistenza, sia il ciclo circadiano. Queste quotidiane interruzioni di coscienza, ci aiutano a perpetuare l'inganno della percezione lineare del Tempo. Non è vero che "domani è un altro giorno", è sempre lo stesso unico giorno dal primo della vostra vita.

Quando si dice "il palcoscenico della vita" ci si sofferma poco a pensare che forse c'è qualcosa in più del palcoscenico in tutto questo. Ma ad essere sinceri con se stessi... scendiamo mai dal palcoscenico?

È come quando sogniamo il sogno nel sogno. Sogniamo di svegliarci, di compiere azioni... per poi scoprire che stavamo ancora sognando. Questi sono in genere i sogni che ci impressionano di più, proprio perchè ci rendiamo conto (anche solo per pochi secondi) di come sia difficile distinguere il sogno dalla realtà. Ci si evidenzia cioè il fatto, che molte volte pensiamo di non essere sul "palcoscenico", mentre abbiamo solo cambiato la scenografia.

So già che state scuotendo la testa pensando che voi non vi lasciate ingannare dal "personaggio", che sapete perfettamente chi siete e dove vi trovate. Il problema è che anche quando siete dietro le quinte a parlare con gli altri attori, o quando siete nel vostro camerino a truccarvi e vestirvi per il prossimo spettacolo, la brutta notizia è... che siete sempre dentro ad un Teatro.

Probabilmente avete varcato la soglia della porta sul retro (quella riservata agli artisti e ai tecnici) poco dopo la vostra nascita, e da quel giorno scorrazzate per i corridoi ed i camerini prima a cavallo di un triciclo, poi di un motorino e poi di una macchina. È qui che vi siete sbucciati le ginocchia cadendo mentre giocavate a nascondino, qui avete vissuto il vostro primo amore, avete pianto, riso, gridato e cantato... Avete passato talmente tanto tempo qui dentro che la porta sul retro non la vedete più, se mai ci fosse stata.

Si dice che vediamo solo quello che conosciamo, è estremamente difficile pensare che fuori di qui ci sia un mondo. Come nel film Dark City, dove nessuno degli abitanti si chiedeva mai cosa ci fosse fuori dalla città. Ma, nel nostro caso, non perchè un governo cattivo ce lo proibisce o degli alieni ci hanno presi in trappola, ma perchè non è nel nostro istinto, come una mucca non si pone mai il problema del mangiare qualcosa che non sia erba...

Se non si può uscire da una cella, se non si percepisce mai di essere in cella, lo scherzo più grande in cui caschiamo è che usciti dalla cella finiamo per girare nella prigione pensando che sia il mondo.

Il mondo di Orwell 1984 o di Brazil ce l'abbiamo in testa. Abbiamo creato uno stato militarizzato, il nostro nazional-socialismo interno. Facciamo proclami, vediamo i nostri cinegiornali applaudendo, nello stesso tempo combattiamo il sistema interno con le nostre belle bombe emotive, così ci sentiamo anche un po' partigiani e la mattina dopo ci mettiamo la nostra tuta da lavoro e andiamo in fabbrica. Ma in questo auto-governo perfetto che abbiamo edificato c'è una falla, una specie di Pasquino che nessuno ha mai visto, ma dall'ombra in cui si cela trama alle nostre spalle per farci fallire... Ma sarà poi così?

C'è una certa differenza tra questo sabotatore e gli pseudo partigiani interni. Questo non si mette sotto i riflettori per farsi notare, ha più che altro uno stile "colpisci e fuggi". Non riusciamo ad afferrarlo o a vederlo. Per la maggior parte del tempo lo percepite come la parte oscura di voi, quella che gode a vedervi fallire, che vi rema contro, che vuole minare le vostre sicurezze.

Comincio ad avere il sospetto che invece sia quella che sta cercando di farci capire che siamo ancora dentro il Teatro, che i nostri obiettivi, i nostri progetti non sono altro che sovrastrutture al servizio del sistema precostituito che abbiamo fondato.

In "Dialoghi sull'ermetismo" Giuliano Kremmerz scrive:
"Esiste in noi una seconda cosa indefinibile con una definizione alla maniera classica: esiste una riserva di sensazioni, di impressioni, di fatti, di cui altre volte ed in altri momenti noi abbiamo avuto completa coscienza, cioè ne abbiamo voluto o per lo meno subite le sensazioni, controllandole e assaporandole, buone o ingrate, piacevoli o dolorose, e che poi sono lentamente sparite dalla nostra memoria.
Sono idee e impressioni una volta fluide e poi lentamente pietrificate, che pel proprio peso si sono immerse nelle profonde acque del Lete dove si annegano le idee e le sensazioni dell'universo vivente.
L'antica Magia lo indicava col nome di astrale umano, la zona senza luce, non illuminata, da cui lampeggia l'inaspettato della nostra storia interiore e spesso la parola del Genio.
Forse la prima idea gnostica dell'angelo cattivo o del demone che si nasconde in noi."

Questa lotta interna non è caratteristica comune a tutti gli uomini. È chiaro quindi che più è forte il nostro sabotatore quanto più forti saranno le difese. Una cosa è certa, quando la sovrastruttura di bugie, false verità ed inganni che il mio auto-governo mette su per barcamenarsi nella quotidianità diventa troppo alta, io so che Lui sta per colpire, e nonostante tutto non corro ai ripari.. semplicemente mi preparo al colpo. Perchè a quel punto "il Re è nudo". Perchè mi viene data un'altra possibilità di ammettere con me stessa e con gli altri che qualcosa non và, che c'è un errore di fondo.

Ma il sistema è organizzato e a questo punto invece di fermarsi a riflettere parte il piano B, quello che io chiamo: "mettiamoci una pezza". Il piano B consiste, in pratica, nel fabbricare alla svelta una nuova sovrastruttura traballante che cerchi di riformare in tempi record la cortina fumogena che si è pericolosamente diradata in un punto, prima che dall'esterno qualcuno possa vedere dietro il fondale. Perchè in un Teatro dietro il fondale ci sono solo cumuli di attrezzi da lavoro, trucioli di legno e barattoli di vernice.. niente di così romantico come il quadro che ci siamo creati.

Quindi, se vedesse la realtà delle cose, lo spettatore ne resterebbe deluso. Si alzerebbe con il suo cappotto ed imboccherebbe il corridoio d'uscita, scuotendo la testa con un ultimo pensiero di commiserazione nei confronti di questa dilettantesca compagnia teatrale.. e noi resteremmo soli e sperduti, seduti per terra con i nostri trucioli ed i nostri costumi da quattro soldi.

Di fondo, forse, la soluzione non sarebbe mettere in cartellone un'altra commedia sperando che questa sia la volta buona.. forse dovremmo anche noi prendere il cappotto ed uscire fuori. Andare al bar accanto al Teatro, fare una passeggiata, due chiacchiere con il droghiere e, seduti su una panchina nel parco, farci cullare da una leggera brezza che fa risuonare le foglie degli alberi, riflettendo sul fatto che domani potremmo decidere di provare a fare qualcosa d'altro che i commedianti.

Scritto & Pubblicato by Pistis © 2010/2011